Claudia Marcellina

Antica imprenditrice della Verona romana

II SECOLO D.C.

Antica imprenditrice della Verona romana, Claudia Marcellina è una donna ricca e influente vissuta nel II secolo dopo Cristo. Un’iscrizione a lei dedicata ci comunica la sua posizione importante all’interno della città. Dopo la morte del marito amministra indipendentemente le aziende di famiglia, tra cui alcune fabbriche di mattoni, come testimoniano i marchi che riportano il suo nome.

I lavoratori, con il capo chino sugli stampi di legno e le mani indaffarate a modellare mattone dopo mattone, si mostrano operosi per dare la migliore impressione possibile dell’officina.

Una donna, vestita con abiti scuri e col capo coperto, viene accompagnata da un liberto tra le file di mattoni pronti per la cottura. Alcuni degli operai non riescono a trattenere la curiosità e azzardano un’occhiata a questa figura dal passo solenne.

Come in una processione, avanza lentamente e si ferma di tanto in tanto per interrogare il supervisore, che le risponde prontamente con modi ossequiosi.

La donna è Claudia Marcellina, la moglie del defunto padrone. Vicino alla porta un giovane schiavo sta incidendo delle lettere su un pezzo di legno. Marcellina si china verso di lui per ispezionare il lavoro. Lei è ora la proprietaria della fabbrica e il nuovo marchio, quasi pronto per essere impresso sui mattoni, le piace.

Corso Porta Borsari, numero 49. Incastonato nel muro, tra le vetrine di un negozio in pieno centro, un blocco di pietra riporta un’iscrizione. È praticamente invisibile se non agli occhi più attenti e allenati a cogliere queste tracce del passato disseminate tra i vicoli e le vie della città. I monumenti, le steli funerarie, le dediche alle divinità dei romani sono incorporate negli edifici della Verona di oggi, riciclate per un uso forse più umile ma non meno essenziale. Questa pietra era una volta la base di una statua dedicata a Claudia Marcellina, figlia di Tiberio e moglie del console Bellicio Solerte, da parte di Marco Ortensio Paolino e Quinto Ortensio Firmo. Oltre a queste informazioni, l’epigrafe non riporta altro. Tuttavia, il fatto che a questa donna fosse stato dedicato un monumento ci dice che molto probabilmente era un personaggio di rilievo nella città. Nelle piazze di Verona non esistono statue che rappresentino donne importanti del passato, questa pietra vecchia di quasi duemila anni ci tramanda il nome e l’importanza della sua storia.


Dedica a Claudia Marcellina in Corso Porta Borsari

L’informazione che l’iscrizione di corso Porta Borsari ci tace è che Claudia Marcellina è una vera e propria imprenditrice dell’Antichità. In seguito alla morte di suo marito, il console Lucio Bellicio Solerte, attorno al 120 d.C., Claudia prende in mano la gestione delle aziende di famiglia. Non si tratta di un caso isolato, anzi abbiamo traccia di molte donne romane proprietarie di attività produttive e in particolare nell’ambito della produzione di laterizi. Ce lo dimostrano i numerosi mattoni di terracotta marchiati con nomi femminili ritrovati dagli archeologi. Tra il II e il III secolo, abbiamo notizia di ben 50 donne che ne producevano. Il diritto romano considera le donne eterne minorenni, sempre sotto la responsabilità di un padre, un marito, un fratello. Nella pratica invece le donne si prendono sempre più libertà e le leggi restrittive vengono cambiate, riflettendo la loro emancipazione. Davanti al proliferare di donne ricche e indipendenti, il rapporto tra uomini e donne cambia. Tanto che, alla fine del I secolo il poeta Marziale scrive:

Mi chiedi perché non sposo una donna ricca?
Perché non voglio essere sposato da mia moglie!

L’esperienza imprenditoriale di Claudia Marcellina non è quindi un caso isolato, ma l’espressione di un mutamento della condizione femminile nella Roma imperiale.

 

Marchio di fabbrica di Claudia Marcellina (fonte: www.bollidoliari.org)

La traccia dell’attività di Claudia Marcellina è impressa sui mattoni che produce, sotto forma di marchi chiamati dagli studiosi “bolli laterizi”. Ne esistono di diverse forme a seconda dell’usanza dell’epoca, riportano informazioni sull’origine del prodotto e la data di fabbricazione, un po’ come le moderne etichette. Ecco un bollo rettangolare, tipico dell’epoca dell’imperatore Adriano (117-138 d.C.), su cui sono scritte le seguenti lettere:

APR ET PAET COS
EX PR CL MARC

Per intero si leggerebbe così:
Aproniano et Paetino consulibus ex praedis Claudiae Marcellinae
Ovvero: “Sotto il consolato di Aproniano e Petino dai praedia di Claudia Marcellina”.

I romani ottimizzavano lo spazio abbreviando le parole. L’anno non era indicato con i numeri come si usa fare oggi ma con il nome dei consoli in carica, così i nomi di Aproniano e Petino ci permettono di datare il mattone all’anno 123 d.C. Il marchio poi riporta l’origine del mattone che proviene dai praedia, ovvero il terreno dove si trovano le cave d’argilla, di proprietà di Claudia Marcellina.

 

Esempio di fornace romana

All’epoca di Claudia Marcellina l’industria dei laterizi è un’attività fiorente che va di pari passo con lo sviluppo dell’edilizia. Il mattone infatti è un materiale molto più facile da lavorare e trasportare rispetto alla pietra.

L’argilla è la materia prima della produzione, che viene estratta dalle cave situate sui terreni di proprietari terrieri come Claudia Marcellina. Dopo un processo di depurazione per eliminare i materiali estranei, si impasta l’argilla con acqua, sabbia, paglia o cenere vulcanica. Poi l’impasto di argilla viene compresso a mano in apposite forme di legno. Mentre sono ancora crudi, una parte dei mattoni viene marchiata con il bollo del proprietario. Successivamente vengono fatti essiccare per poi infine essere impilati e cotti alla temperatura di circa 800 °C in apposite costruzioni, le fornaci. La cottura dei mattoni avviene a diretto contatto con la fiamma e si svolge ad intervalli per consentire il carico e lo scarico dei manufatti che avvengono attraverso una porta.

La fornace è composta da un ambiente inferiore, nel quale viene bruciata la legna e da un ambiente superiore dove sono impilati i manufatti da cuocere. La parte inferiore, interrata, comprende la bocca d’accesso e la camera di combustione, isolata termicamente. La parte superiore, la camera di cottura, è provvista di una copertura caratterizzata da dei fori comunicanti con l’ambiente esterno attraverso cui avviene il tiraggio con fiamma e di un piano forato come pavimento su cui poggiano il laterizi. La cottura garantisce molta più resistenza e durevolezza rispetto al mattone crudo, usato dai romani in epoche precedenti.

 

BIBLIOGRAFIA

BORACCHI, Chiara, «Bolli laterizi, cosa sono e perché ne parliamo», Archeostorie Magazine, [Accesso: 12 marzo 2019].

CANTARELLA, Eva, L’ambiguo malanno. Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana, Milano: Feltrinelli 2010.

CENERINI, Francesca, La donna romana. Modelli e realtà, Bologna: Il mulino 2002.

DE FRENZA, Mareva, Le pietre raccontano. Guida alla vita quotidiana di Verona romana, Verona: Cierre Edizioni 2018.

GIANNICHEDDA, Enrico, VOLANTE, Nicoletta, «Materiali e tecniche di lavorazione», in AA.VV., Introduzione allo studio della ceramica in archeologia, Firenze: Centro Editoriale Toscano 2007.

PALLECCHI, Silvia, «La lavorazione dell’argilla» in GALLI, Marco, PISANO SANTORIO, Giuseppina (a cura di) Machina, tecnologia dell’antica Roma, Roma: Palombi Editori 2010.

STEINBY, Eva Margareta, I Bolli Doliari Romani dell’Italia Centro-Occidentale [Accesso: 12 marzo 2019].